All’opera di Vincenzo Parea hanno dedicato saggi critici e scritti introduttivi:
Giulio Carlo Argan, Bruno Bandini, Riccardo Barletta, Carlo Belloli, Claudio Beccaria, Marco Beretta, Antonio Calderara, Domenico Cara, Claudio Cerritelli, Alfio Coccia, Mauro Corradini, Dadamaino, Federica Dafarra, Giorgio Di Genova, Giovanna Fiorenza, Julio Flores, Giuseppe Franzoso, Carlo Fumagalli, Isabella Giardini, Flaminio Gualdoni, Friedrich W. Heckmanns, Lucrecia Vega Gramunt, Dino Marangon, Attilio Marcolli, Francesco Marinone, Giuliano Menato, Marco Meneguzzo, Guido Montana, Elena Pontiggia, Federica Rabai ,Claudio Rizzi, Nanni Rossi, Luigi Sansone, Giorgio Segato, Cristina Portioli Staudacher, Alberto Veca, Annalisa Vella, Francesco Vincitorio.
“…Il “mezzo comunicante” dell’artista è, infatti, puntualizzato unicamente nei “valori del colore”, esaltati al di là dei rapporti di tono da una dinamica tensione di contrasti luminosi che rendono ad un tempo affascinante e piena di mistero ogni sua opera… La realtà, a questo punto, non è più concepita come fatto oggettivo, ma come fatto intellettivo concretantesi nell’opera realizzata e solamente in quella, ogni rapporto generatore con l’esterno cessa; l’opera realizzata diviene “situazione autonoma”, quindi creazione intuitiva e provocatoria di momenti intellettivi nell’osservatore…”.
GIUSEPPE FRANZOSO, dal Catalogo della Mostra personale alla Galleria Valori, Milano 1972.
“…La mostra di Vincenzo Parea, al Centro Valori, è apparsa come quella di un giovane che ha aperto davanti a sé tutta una serie di interessanti prospettive. Se la ricerca alla quale egli si è dedicato avrà gli sviluppi che abbiamo ragione di sperare, il nome di Parea è destinato ad apparire come une delle più significative promesse che avranno avuto attuazione nell’arco di questi anni… Ciò che rende degna di grande attenzione l’opera di questo giovane è l’ordine della composizione, senza aggettivi, la cadenza logica dei ritmi e la disposizione completamente astratta e si rende sensibile attraverso la spiritualità del colore…”.
ALFIO COCCIA, da “La casa” anno XXXII n. 4, 1972.
“…I calibratissimi rapporti di tono, i rigorosi accostamenti di spazio, assumono quindi una funzione essenziale, primaria ed insostitutibile, nel contesto creativo e comunicante di Vincenzo Parea, istituendo, nel concretarsi dei loro rapporti interni e di scambio interattivo di valori, l’esatta dimensione simbiotica che nasce fra il pensiero concettuale dell’operatore estetico ed il sentire emozionale dell’uomo artista.Ed è proprio sul filo invisibile di tale concatenarsi di motivi tecnici e spirituali che Vincenzo Parea intreccia la tela attraverso la quale il suo dire di artista prende vita, e parla, a chi ad esso si accosta, con la silenziosa poesia di un arcano mistero…”.
GIUSEPPE FRANZOSO, dal volume “Strutture liriche”, Vigevano 1973.
“…La soluzione strutturale che Vincenzo Parea propone tende all’istaurazione di una reciproca interazione basata sul comune denominatore esperienziale del rapporto reversibile instaurabile fra “forma e colore”, e sulle implicazioni psicologiche che nell’intrecciarsi di tali soluzioni emanato dai progressivi risultati ottenuti…”.
GIUSEPPE FRANZOSO, dal catalogo della mostra personale alla galleria La Darsena di Milano, 1973.
“…Lo spazio, come campo dell’operare, si qualifica nella funzione di spazio come oggetto, combinazione logica degli elementi che in sé racchiude. La superficie si definisce in campiture dalla struttura che si organizza nella pensata variabilità dei suoi rapporti di dimensione: il colore in essa si inserisce come motivo che determina l’intervento del sensibile nel rigore della razionalità…Lo spazio si fa colore: il colore si fa motivata realtà di pensiero. L’immagine, nel suo divenire, si pone in essere quale unità significante. Vincenzo Parea analizza le possibilità di tale divenire, entro i limiti della propria misurata intenzione…”.
GIUSEPPE FRANZOSO: Vincenzo Parea “Spazio Oggetto” i quaderni dello Studio V, Vigevano 1974.
“…Nell’estetica vigente la strategia cromatica non crea eventi oggettivi, non serializza il ludo lirico della razionalità, è sperimentata invece la sua riflessione… La monocromia è un genere di diligenza costruttiva ideata su somiglianze di un rapporto dell’ordine, mai sul linguaggio dell’elusione…”.
DOMENICO CARA, dal catalogo della mostra alla galleria Arte Struktura, Milano 1975.
“…detto questo, però, si è detto ben poco rispetto alla pregnanza, alla sublimazione che l’artista opera esclusivamente con il colore per rivisitare il poema celeberrimo. Non ne teme il confronto davanti a tanta venustà che, anziché farlo soccombere, lo coesalta. Ciò perché l’autore dell’interpretazione cromatica dei versi è un uomo puro, schivo ma laborioso, sensibile e mistico quindi assai vicino al serafico creatore del cantico…”.
DADAMAINO, da “In Nomine Naturae”, Milano 1980.
“…ci sembra, infatti, coraggioso reagire al contemporaneo clamore dei vari comportamenti paraculturali con una tessitura dei silenzi indotti dal colore, con un’attività di ricerca della neutralità cromoformale decostruita… Vincenzo Parea ha ormai individuato una personale dialettica dell’intervisività che ben giustifica il progredire delle proprie ricerche in questa medesima direzione…”.
CARLO BELLOLI, dal volume “Cromofanie in sinossi strutturali irriferenti: Vincenzo Parea” per le edizioni di Arte Struktura, Milano 1983.
“…L’opera di Parea ha apportato al concretismo internazionale possibilità nuove di interazionalità acromatica dove il colore si propone in tempi di successione ottica espansiva, virtualmente magnetica. Attualità di un pittore che, superando la legge dei grandi numeri, tende ad un divenire infinitamente creativo ed inesauribilmente costruttivo, non a una cieca progressione dell’inogettivo…”.
CARLO BELLOLI, dal catalogo della mostra personale “Lucicromie ministrutturate: Vincenzo Parea”, Arte Struktura, Milano 1983.
“…l’interesse che le sue indagini nel campo della cromologia hanno suscitato in teorici e critici di affermata responsabilità, rendono veramente necessaria una puntualizzazione che informi il pubblico degli interessati del cammino sin qui percorso dall’artista e che testimoni i suoi risultati attuali…”.
GIUSEPPE FRANZOSO, dal catalogo dedicato a Vincenzo Parea dalla Pinacoteca Civica di Vigevano, 1984.
“…e questo vuol dire rendere omaggio evidentemente all’abilità operativa di Parea, a un “mestiere” della pittura riscattato dall’effetto eclatante e ricondotto a una disciplina dove la sua qualità coincide con la sparizione, o l’abbassamento alle soglie della leggibilità dell’intervento manuale, della pennellata come del disegno sulla tavola. D’altra parte in un lavoro come quello di Parea, legato all’essenzialità delle forme e a una tavolozza cromatica della singola opera ridotta a più gradazioni del medesimo colore, l’abilità tecnica risulta un elemento assolutamente necessario, pena lo stravolgimento dell’intero sistema espressivo…”.
ALBERTO VECA, dal catalogo della mostra personale “Sequenze di Forma – Colore”, Circolo Filologico Milanese, Milano 1992.
“…riassumendo : nessuna raffigurazione, nessuna vera linea, un solo colore. Un colore però intenso, assoluto, puro; mai contenuto da alcunchè tranne i confini- esterni, perfetti, dilatati-del supporto quadrato. Qual è, dunque, la “realtà” asserita da Parea? Egli ci mostra, nella maniera più disincantata possibile, il colore quale “infinito emotivo”. Voce che confina con il silenzio. Accostando tra loro più dipinti di Parea sentiremo ora la voce di “quel” rosso, di “quel” blu, di “quel” nero. Ed essa colpirà non tanto i nostri organi percettivi quanto la nostra anima. Ne avremo emozione e sentimento, o insieme una vibrazione totale liberi da condizionamenti…”.
RICCARDO BARLETTA, dal catalogo della mostra personale “Un viaggio nel colore come “infinito””. Galerie Regio, March-Hugstetten (b.Freiburg), 1993.
“…Scelto un determinato colore Parea inizia a stendere il pigmento cercando di evitare ogni residuale risvolto soggettivo nella modulazione del ductus, ogni emergenza espressiva affiorante nella discernibilità della pennellata che, viceversa viene attutita attraverso reiterate stesure e carteggiature, sovrapposizioni ed abrasioni, fino ad avvicinarsi il più possibile all’uniforme, interna saturazione di quella particolare tonalità. In ogni caso non si deve pensare all’ideazione e all’esecuzione come a due momenti distinti, come a due tempi diversi, bensì ad uno sviluppo dialettico di scelta e di emersione di immagine che trova la propria realizzazione nel momento dell’iniziale rarefazione delle determinazioni, intesa come impregiudicata, sorgiva pluralità di future potenzialità…”.
DINO MARANGON, dal catalogo della mostra personale “Vincenzo Parea. All’origine del colore”. Associazione culturale Verifica 8+1, Venezia-Mestre 1994.
“…E’ il colore, dunque, che va verso lo spirito dell’Uomo, e non viceversa. E’ l’artista che fa del colore il proprio linguaggio comunicativo che invia il suo messaggio a chi ne osserva l’opera (…). Ci si trova di fronte ad una monodia coloristica di spirito estremamente raffinato, dove lo spessore del tono assume l’incarico di far vibrare con liriche pulsazioni lo spirito dell’osservatore sensibile alle bellezze dell’emozione pura… ”.
GIUSEPPE FRANZOSO, dal catalogo della mostra personale “Vincenzo Parea, o del colore come emozione spirituale”. Fluxia Arte sono-visiva, Chiavari (GE) 1996
…Per lui i colori sono sublimi valori di tonalità dello stesso colore e modulazione da un colore ad altri nello spettro dei colori stessi, a condizione che facciano parte dello stesso grado di tonalità. Così anche le “strutture liriche”, nome che Vincenzo Parea ha dato alla sua prima edizione di serigrafie del 1973, trasmettono una qualità di espressione, resa possibile solamente attraverso il calcolo dei valori di tonalità dei colori, espressione questa, che di solito nel linguaggio si attribuisce esclusivamente alla poesia (…). Nonostante queste ricerche di colori mirino all’attenzione mediativa dell’osservatore e abbiano come risultato un sorprendente valore poetico (…). Bensì di creare oggetti che aiutino il colore a crearsi una propria esistenza, e quindi a non essere caratteristica di colore di qualcosa, nemmeno di uno stato d’animo passeggero. Solamente nell’attenta percezione dell’osservatore si forma questa vita propria. Il dipinto è come dice Giuseppe Franzoso, un allegorico spartito musicale…”.
FRIEDRICH W. HECKMANNS, dal volume “Immaginazioni Geometrizzanti”, edizioni Galerie Regio, March Hugstetten (b. Freiburg) 1996.
“…E questo continuum spaziale si trasforma in pura musica, in partitura in cui le note si alzano o abbassano corrispettivamente ai toni caldi e a quelli freddi, arrivando a comporre una sinfonia data dalla sequenza dell’ideazione, ma con molteplici esistenze indipendenti nella realizzazione. Arte potente che si imprime con forza nella percezione dell’osservatore e che, a tratti, può sgomentare, l’opera di Parea necessita del giusto tempo di meditazione per essere interiorizzata, studiata, capita (…). Si può arrivare a giudicare pura vibrazione l’aura che si espande dalle tavole. Poesia e musica, sentimento e geometria, emozione e calcolo, straordinariamente fusi ed indissolubili…”.
FEDERICA DAFARRA, dal catalogo della mostra personale “Vincenzo Parea: il colore inventato”, Santa Maria Gualtieri, Pavia 1999.
“…Avvicinarsi all’opera pittorica di Vincenzo Parea significa tuffarsi a capofitto in un universo emozionale capace di far vibrare tutte le corde del sentimento, fino a giungere ad un senso di ordine, di equilibrata pulizia, che si genera in primis dal colore. Colore che è pura invenzione dell’artista, ricerca continua di nuove potenzialità espressive, incondizionata adesione ad una tavolozza originalissima che diviene luogo di sperimentazione e crescita. (…) Sono rette e semicerchi a formare raccordi visuali in cui il colore non trova più limiti e delineazioni, se non nel perimetro stesso dell’opera.
Non c’è spazio per ombre, ma nuove colorazioni tendono al raggiungimento di una perfezione che è vissuta come problema aperto a soluzioni multiple.
FEDERICA DAFARRA, dal catalogo della mostra personale “Vincenzo Parea: il colore inventato”, Biblioteca Rionale Calvairate di Milano, 1999.
“…Tutti i titoli hanno la loro storia, una congiuntura che ne ha determinato la nascita. E’, infatti, nella congiuntura della fine degli anni sessanta che si attua la scelta di Vincenzo Parea di orientare la propria ricerca sul colore e sulla espressività, in una congiuntura milanese e internazionale attenta al procedimento analitico sul tema, in un tentativo di rinnovamento di una esperienza pittorica “non figurativa” che escludesse la “soggettività” di un linguaggio genericamente astratto giudicato arbitrario. Di qui l’interesse per gli studi scientifici sperimentali, esperienze non più legate alla sensibilità intuitiva ma alle regole sistematiche dell’indagine che a partire dalle riflessioni di un Goethe o di un Chevreul erano giunte alle formulazioni sistematiche del Novecento, significativamente legate all’esperienza artistica e alla didattica.
Anche se sono utilizzati strumenti e procedure non consueti nel mondo della pittura tradizionale, i quadri di Parea sono interamente manufatti a partire dalla preparazione del supporto, una tavola di legno le cui imperfezioni sono progressivamente eliminate fino a giungere ad una superficie liscia, senza alcuna asperità. Il procedimento è lungo e paziente ma per l’artista il punto d’esordio della pittura non deve conoscere interferenze perché il discorso è quello del binomio luce/colore e non vi può essere alcuna interferenza ambientale…”.
ALBERTO VECA: ETIMOLOGIA DEL COLORE, dal catalogo della mostra personale presso il Centro Culturale “Superficie Anomala”, Milano 2002.
Parlando delle opere di Vincenzo Parea è quasi inevitabile perdersi nei meandri intellettuali della scienza del colore, difficile resistere alla tentazione di riaprire il libro“Arte e percezione visiva” di Rudolph Arnheim, duro non citare alcunché dalla teoria dei colori di Goethe; eppure così sarà!
Parafrasando il genio tedesco, mi avvicinerò all’opera di Parea per “Affinità Elettive” così, sinteticamente, come a sintesi rigorosa egli è pervenuto nell’ opera sua.
“Mandala croma” il titolo della mostra, identifica il valore da me dato alle opere dell’artista: medium su cui l’osservatore può concentrare la propria attenzione ed attivare quella parte di sé tanto vicina a Dio quanto alla poesia.
Da vibrazioni di puro colore si arriva ad una vera e propria epifania cromatica, portando così lo spettatore ad una catarsi assolutamente individuale. Dalla non forma o meglio ancora: dall’affrancamento della forma, scaturisce una sorta di pacificazione con l’universo.
GIOVANNA FIORENZA: MANDALA CROMA, dal catalogo della mostra personale presso la Galleria “Borderline Arte Contemporanea” , Vigevano, 2002.
“L’intensità è assoluta. La tensione pare condotta all’ultimo punto di equilibrio, preludio di un infinito intuibile ma ignoto. Il rigore domina il dipinto e la razionalità determina uno spartito di irrevocabile precisione. La ragione si palesa immediata nelle regole strutturali eppure l’anima del dipinto emerge viva, pulsa e sopravanza la ferrea sintassi di rapporti. Emotività e intelletto non combattono ma convivono. E’ intellettuale l’ordine sistematico nel processo di lavoro, quasi codice etico e giuridico, norma inderogabile nel processo espressivo. Emotivo è l’apporto poetico di stupore e meraviglia, di silenzio e spazio, vibrazione e fermezza che suggeriscono un’idea più alta di assoluto e totale. Emozionale e razionale sono le costanti del lavoro di Vincenzo Parea. Rigorose in sintonia e reciprocità…”
“…Nel colore, Parea ripercorre a ritroso il cammino del mondo, nella ricerca della traccia e nell’asserzione di verità. E’ ritorno alla radice delle cose e del linguaggio. E’ anabasi moderna. Il quadro chiama l’osservatore e instaura il colloquio. Si potranno rammentare luoghi e momenti, evocare memorie e stati d’animo. Emergeranno suggestioni e l’andamento delle note richiamerà l’altalena dell’anima. L’interlocutore dialogherà con il dipinto e Vincenzo Parea, nella sua appartata riservatezza, saprà, come ha sempre creduto, che il colore è vita senza fine.”
CLAUDIO RIZZI: Evanescenza e natura, frazione e pulsazione del colore, dal catalogo della mostra personale presso il MAM, Museo d’Arte Moderna di Gazoldo degli Ippoliti (Mantova) 2003
“….il colore si fa linguaggio. non vuole essere ne letto ne interpretato. E’ per se tavolozza quasi monocroma che ti proietta in una comunicazione che va al di là del quadro e che ti chiede di stare li lasciando che la mente vada dentro ed oltre il soggetto. (….) il colore, il rigore, l’ordine ti conducono verso linee nuove nelle quali l’arte e per essa la pittura si fa ricerca pura, esperienza sublimata nel colore…..”
FRANCESCO MARINONE: il colore sublimato, dal catalogo della mostra personale nella sala del castello “Litta” di Gambolò (Pavia), 2003
“Con la pittura di Vincenzo Parea entriamo in una elaborazione della luce che trasforma l’analisi scientifica delle componenti geometriche in spazi di contemplazione delle partiture cromatiche. Costruita con la perizia tecnica di un cromatologo l’immagine evoca altre dimensioni, non si chiude nell’osservanza dei principi strutturali della forma ma dichiara apertamente la sua natura poetica. L’incanto del colore monocromo suggerisce ritmi e sconfinamenti oltre la misura dell’opera, concepita come sensibilità pura della luce. Sogno di nuovi orizzonti attraverso le impalpabili risonanze della materia.”
CLAUDIO CERRITELLI, dal catalogo della mostra “L’incanto della pittura” percorsi dell’arte italiana del secondo novecento, Casa del Mantegna, Mantova 2004.
“[…] Mettere il colore a nudo: è in sintesi un processo di purificazione del colore che ha come approdo un alto lirismo spirituale. Parafrasando l’acronimo IKB (International Klein Blue) dato dallo stesso Klein ai suoi dipinti monocromi, si potrebbe parlare per Parea di NPC (Naked Parea Colour). Colore puro, ridotto alla sua essenza primaria senza più nessun orpello […]”
PIER GIORGIO MOROSI: “Il colore nudo di Parea” dal catalogo della mostra personale presso la Sala delle Colonne del Palazzo Municipale di Corbetta (Milano), 2004.
“…Più che trasmettere informazioni ottiche il colore di Parea vuole invitare a capire ciò che avviene nel procedimento d’invenzione della luce, nell’infinito generarsi degli accordi tonali che si basano su linee e non su righe, vicinanze di tono, impalpabili confini tra un tono e l’altro della stessa essenza cromatica…”
CLAUDIO CERRITELLI: emanazione di colore – luce dal catalogo della mostra antologica 1972-2005, Complesso monumentale di Santa Caterina, oratorio de’ Disciplinanti Finalborgo di Finale Ligure (Savona). 2005
“(…) Vincenzo Parea, porta avanti il suo pensiero in una continua ricerca personale, si sfida e si studia interiormente in una lenta evoluzione artistica che da più di quarant’anni è in atto (…)
Le sue opere non si possono definire semplicemente monocromatiche perché all’interno del diametro o del perimetro della tavola esistono movimenti quasi impercettibili di tonalità seppur di un unico colore (…)
FEDERICA RABAI: “Vincenzo Parea l’artista del colore” dal catalogo della mostra personale presso il Club House “Selva Alta”. Vigevano, 2007/08.
“(…) Evita l’instabilità che provoca la presenza della materia, canto sublimato del quadro oggetto. Parea diluisce la pennellata, l’impronta dell’artigianato dell’opera affinché niente interrompa l’idea dell’organizzazione plastica dove nasce il morbido, sottile, gioco del colore elaborato in variati contrasti, dove il colore dominante è presentato ed esposto con tale delicatezza che sembra ingannevole perfino definirlo. Non sono i contrasti polari né quelli delle tinte o delle alte saturazioni a cui rimanda questo artista ma gli inquietanti e musicali contrasti di temperature, di tali luminosità e di delicati spostamenti che il colore fornisce. E’ allora che si scoprono le conseguenze di tutto quell’occultamento del segno pittorico: nessuna riproduzione di un quadro di Parea può mostrare ciò che il supporto esibisce mentre dal campo plastico sembra emani la luce prodotta da una acuta complementazione cromatica. Ad ogni immagine dovrebbe corrispondere una vibrazione sonora come ha la modulazione luminosa. Credo che lì, ogni quadro sostenga la poetica di Vincenzo Parea, il quale crea una sorta di polifonia nella conformazione di ogni assieme esposto (…)
Prof. JULIO FLORES, dal catalogo della mostra personale “Vincenzo Parea, Fatti Cromatici”
Promossa dalla Prof.ssa Lucrecia Vega Gramunt direttrice del F.P.A.C. dell’Università di Bologna, sede di Buenos Aires, 2008.